E' del 9 settembre 1262 la data di un antico documento ufficiale dove viene citato per la prima volta il Casale di Condrò. Il documento era un contratto attraverso il quale Orlando di Paternò e la moglie Margherita vendono al Maestro Messinese Bartolotto Marescalco le terre di proprietà dette "di Caserta" site nella piana di Milazzo, nel "tenimento del Casale di Condrò, delimitate ad oriente dal vallo di Vatirachi, a meridione dai confini di Condrò ad occidente dal fiume di Gualtieri e a settentrione dalle terre chiamate "Mesanissi". Il Marescalco nell’aprile del 1282 capeggiò la ribellione dei messinesi contro gli angioini e per questo fu ricompensato da Pietro d’Aragona col titolo di Barone di Furnari e Protonotaro. La famiglia Marescalco (o Maniscalco) possedette il casale anche dopo il 1339, anno in cui una sentenza della Gran Corte ingiunse agli eredi di Rodrigo Alagona di non molestarne il pacifico possesso. Nel 1408, nel censo di Re Martino, troviamo il casale in possesso di Isolda di Scala (o Scalisi), dalla quale passò poi a Nicolò Castagna. Il 5 agosto 1421 Alfonso d’Aragona considerò Condrò come territorio feudale e lo concesse al milite Giovanni Bonfiglio e ai suoi discendenti.
I Bonfiglio, dopo una lunga controversia legale per il titolo di proprietà con Margherita Ventimiglia, erede di Nicolò Castagna, governarono Condrò per molto tempo. A Giovanni Bonfiglio successero Pietro, quindi Filippo nel 1481, Bernardo nel 1526, Pietro nel 1563, Vincenzo nel 1580, Paolo nel 1592. Una delle figure più rappresentative della famiglia Bonfiglio fu Francesco, il quale dopo essere entrato in possesso il 7 Novembre 1609 della terra e della baronia, il 17 Aprile 1637, ottenne da Filippo IV il titolo di “Principe di Condrò”. Nel 1747, in seguito al matrimonio di donna Felicia Bonfiglio con Federico Napoli, principe di Resuttano,, il feudo entrò nei possedimenti di quest’ultima famiglia, che ne mantenne la proprietà fino alla fine della feudalità (1812). Da visitare l'interno della bella Chiesa Madre (1571) dedicata a S. Maria del Tindari, che conserva una pittura del cinquecento e pregevoli opere di intaglio ligneo dei secoli XVI e XVII. Dell'antico convento dei frati Minimi fondato nel 1600 non restano, invece, che pochi ruderi.