Castello Branciforti

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Nel cuore verde dei Nebrodi all'interno del paese di Raccuja si erge fiero e non privo di maestosa eleganza, una delle non poche testimonianze fortilizie lasciate in eredità dalla dominazione normanna. E' noto infatti che dall'anno 1061 il Gran Conte Ruggero d'Auteville, italianizzato in d'Altavilla, e suo cugino Roberto il Guiscardo, giunsero in Sicilia per liberarla dal giogo della dominazione araba. In seguito ad una battaglia particolarmente cruenta il Gran Conte ristorò l'abitato e le sue pertinenze con l'edificazione di un monastero  e partito alla volta di Palermo, vi  lasciò un prsidio militare con annessa casa, divenuta successivamente il presidio militare del borgo.

 Il Castello di Raccuja,  che prende il nome dalla famiglia aristocratica dei Branciforti, signori del borgo dal 1552 al 1812, si eleva nella parte alta del paese, occupando una  posizione strategica che permette di tenere sotto controllo, i discontinui  rilievi Nebroidei e le vallate circostanti nelle zone poste a Mezzogiorno coprendo una visuale di circa 270°, e sul versante posto a Settentrione il territorio confinante con le coste Tirreniche.

Differentemente dalle fortificazioni tipicamente castellane, come ci si potrebbe immaginare che sia un castello ossia circondato dal tipico fossato di guardia, dotato di alte torri circolari, mura possenti,  camminamenti  merlati; il castello raccujese si presenta più come una casa-forte, destinata inizialmente all’alloggio di truppe di guarnigione e successivamente anche ad alloggio principale del reggente; l’impianto molto lineare si sviluppa in senso longitudinale nord-sud, con due elevazioni fuori terra,  provvisto (ad oggi) di una sola torre prospicente il lato nord-ovest, occupa una superficie di circa 450 m2, compresa la corte posteriore la superficie occupata si aggira intorno ai 1400 m2. 

La struttura è piuttosto anomala e sebbene ricalchi un impianto simile al castello Ursino di Catania, al Castello Maniace di Siracusa o al vicino castello di Montalbano Elicona, anch’esso facente parte delle fortificazioni che sorgono nel parco dei Nebrodi, il castello resta il risultato ultimo di varie modifiche e stratificazioni di stili avvicendatisi nei secoli; la sua ubicazione, collocata non a caso nella zona che un tempo dominava tutta la vallata, emerge dall’assetto urbano dei vicini quartieri Branciforti, San Marco e Torre, che rivestono il caratteristico impianto medievale. 

Ma procediamo per gradi e accediamo alla fabbrica partendo proprio dal prospetto principale che affaccia su piazza castello sul versante occidentale; a sinistra è presente la torre cilindrica, unica superstite delle due che prospettavano sul lato occidentale; è tuttavia ipotizzabile che di torri di guardia ve ne fossero altre due sul versante orientale, come testimoniano le tradizioni orali, nonché la presenza di blocchi di arenaria con appena un accenno di forma, impiegati per la costruzione del muro di cinta (si è notato infatti che alcune costruzioni risalenti al 1900, sono state realizzate proprio impiegando resti di tali pietre se non vere e proprie porzioni dell’antico maniero).

La torre realizzata essenzialmente a scopo difensivo, nella parte bassa infatti è vi sono collocate in modo speculare  due pietre da balestriere, è priva di collegamento verticale e con tutta probabilità doveva essere anche più alta di quel che appare oggi. Il tetto a doppia falda, che sembra schiacciare la struttura proprio all’altezza della finestra del primo piano, è stato realizzato successivamente al posto di quello piano che veniva utilizzato, in questo tipo di costruzione, come punto d’osservazione.

È tuttavia ipotizzabile che le torri siano state realizzate in epoche successive rispetto al corpo centrale, specialmente quando le esigenze di difesa divennero più pressanti, dal momento che il corpo circolare della struttura, non presenta segni di particolare ammorsature con il resto della costruzione, anzi proprio al livello delle porte si ravvisano dei punti di distacco fra i due corpi di fabbrica (come evidenziano meglio le foto); l’unico punto d’ accesso all’ambiente interno è dato dal vano adiacente all’interno del castello.

In epoca contemporanea, la sola torre e parte degli ambienti non rovinati del castello, vennero adibiti a luoghi di detenzione, del resto la solidità delle mura e le spesse inferriate poste alle finestre garantivano la custodia degli occupanti

Proseguiamo la visita: all’interno delle sale del piano terra vi si accede unicamente attraverso le aperture prospicenti la piazza, delle cinque porte corredate di sopra porta solamente la prima da sinistra lo ha di forma quadrata, le restanti presentano una struttura architravata ad arco ribassato che funge anche da arco di scarico, i

piedritti realizzati in arenaria di forma  rettangolare e squadrata hanno spessori variabili dai 20 ai 40 centimetri, le porte in legno benché rimaneggiate nel corso dei secoli sono state recuperate dalle macerie che le aveva sepolte dopo i rovinosi crolli.

Il piano terra era destinato per lo più a magazzino, solo successivamente parte degli ambienti insistenti vennero adibiti a locali per l’alloggiamento delle truppe che presidiavano il borgo; le sale sono tutte di grande metratura e altezza, e coperte da una grande volta a botte; sono collegate tra loro attraverso una serie di aperture in linea realizzate con piedritti in arenaria sormontati da archi  in pietra a tutto sesto.

Sempre al piano terra, ma in posizione più elevata rispetto agli ambienti prospicenti la piazza, insiste una sala quadrata, alla quale in origine si accedeva dall’esterno, che con ogni probabilità fungeva da cappella privata, per l’ufficio quotidiano, come testimonierebbe l’effige del Crocifisso scolpito sull’architrave della porta che prospetta sul versante sud; la copertura di quest’ambiente è realizzata in legno così come doveva esserlo in origine, infatti si notano delle mensole in pietra che con tutta probabilità reggevano l’orditura principale del solaio intermedio.

Accediamo al primo piano per mezzo dell’unica rampa di scale realizzata in pietra, che collega gli ambienti; la scala termina in ciò che un tempo era il giardino presente all’interno della corte del palazzo; oggi lo spazio esterno, per motivi legati allo sfruttamento economico, è stato interamente coperto con lastre di pietra.

La parte terminale della scala è sormontata da un arco a sesto ribassato realizzato in pietra arenaria, la pietra che funge da chiave di volta, è più sporgente rispetto le altre, e con ogni probabilità recava una scultura a forma di testa di drago, oggi purtroppo le insidie naturali ne hanno levigato talmente i contorni che si fatica a riconoscerne i segni. Le imposte dell’arco sono costituiti da due piedritti di grosse dimensioni realizzati anch’essi in blocchi di pietra squadrata, quello di sinistra è addossato alla parete, mentre quello di destra presenta lo spigolo smussato, all’apice del piedritto si riesce ancora a scorgere, a fatica peraltro, un mascherone apotropaico, che nella cultura rurale delle antiche civiltà esorcizzava il male tenendolo lontano dalle case d’abitazione.

L’ingresso principale del castello è costituito da un portale in pietra caratterizzato da piedritti scolpiti, architrave con fregi, e nello spazio del soprapporta trova posto lo stemma delle famiglie Branciforte – Lanza i signori di Raccuja.

All’interno della grande sala di rappresentanza non si può non notare la grande volta a  lunette  le cui imposte terminano su peducci in pietra di colore scuro, finemente lavorati e che richiamano motivi floreali; negli

ambienti ubicati a destra e a sinistra della grande sala, la volta cede il posto all’orditura lignea delle falde del tetto lasciate a vista.

Va tuttavia precisato che solo quest’ambiente, in quanto sala di rappresentanza, era decorato in tal modo, infatti durante le varie fasi di studio condotte sul castello, e per quanto è stato possibile accertare all’interno della fabbrica allo stato di rudere, le sole tracce di abbellimento scultoreo citate sono state localizzate appunto all’interno del salone, e che vi fosse la presenza delle lunette, lo si evince dai contorni circolari a tutto sesto rinvenute sui muri.

Gli ambienti attigui, pur non privi di un certo decoro dovevano senz’altro essere lisci e decorati con tinte ricavate dall’uso di colori naturali, solo in epoca contemporanea si fece uso delle tinture acriliche come evidenziato dai dilavamenti causati dalle numerose infiltrazioni provenienti dal tetto.

Gli ambienti situati a sinistra hanno subito alcune modifiche anche se non tali da alterarne il valore storico, la torre è stata rialzata di almeno un metro rispetto al precedente stato; si nota infatti all’esterno proprio sopra la finestra ulteriori filari di pietre che costituiscono la muratura, lo si percepisce visivamente anche per la differenza di trattamento superficiale, nel senso che il paramento murario sottostante non ha subito la stilatura così ben evidente nella parte superiore del muro e in tutte le parti ricostruite, infatti nella zona sottostante sono più che visibili le rinzeppature effettuate con conci di laterizio; inoltre l’aumento di quota ha permesso di poter modificare la falda della copertura e rendere in tal modo più spiovente il tetto.

All’interno della torre, è stato realizzato un controsoffitto a pagoda che cela alla vista l’orditura lignea delle falde, che con ogni probabilità dato l’andamento circolare della struttura è composto da soli puntoni e assito.

Nella sala attigua, cui un tempo si accedeva dal basso tramite una scaletta in legno, il solaio è stato totalmente rifatto eliminando in tal modo la botola d’accesso, sono state anche eliminate le inferriate che erano presenti alla finestra; va detto che l’accesso dal basso a questi ambienti è stato realizzato in epoca moderna, quando cioè il maniero era stato utilizzato come carcere, dal momento che il resto della struttura era già fortemente compromesso e il solo modo per poter accedere ai piani superiori  era direttamente dalla prima porta a destra della torre al piano terra.

Lungo tutto il primo piano sono stati ripristinati i camini, di grandi dimensioni, i cui focolari sono stati realizzati in pietra serena; gli stessi in realtà dovevano esistere anche prima dei rovinosi crolli, dal momento che ne sono state rinvenute le tracce lungo il muro perimetrale che prospetta lungo il versante est.

Con la medesima pietra, anche per richiamarne la fattura, sono stati

realizzati i piedritti delle finestre interamente ricostruite che prospettano sui versanti ovest e sud.

Il prospetto est ha subito delle modifiche notevoli; come è stato già detto la fabbrica nel corso dei secoli aveva subito profondi rimaneggiamenti al fine di adeguarlo a quelle che erano le esigenze difensive ed abitative del tempo, pertanto al corpo centrale, per motivi di opportunità era stato aggiunto un corpo di fabbrica, totalmente indipendente a livello strutturale, che si addossava alla parete principale e che coperto a falda costituiva una sorta di camera collegata al resto della fabbrica per mezzo di due porte interne, e di una porta cosiddetta di servizio che dava accesso direttamente dall’esterno. Nel corso dei lavori di restauro avviati nel 2000, ritenuta essere una superfetazione di alcun valore storico, detto corpo aggiunto è stato totalmente demolito, solo la parte più a sinistra, è stata interamente ricostruita impiegando per questo dei grossi blocchi di arenaria appena squadrata in modo da formarne i cantonali.

Questo particolare costruttivo non trova alcun riscontro con il resto della fabbrica, infatti l’intero castello è stato realizzato con la tecnica della muratura cosiddetta  “a sacco” mediante l’impiego di pietra grezza, a tratti appena sbozzata, reperita in situ, la posa avveniva con calcina composta da sabbia e legante, opportunamente miscelati, e per dare maggior consistenza alla struttura muraria,  le commessure venivano rinzeppate con frammenti di materiale lapideo o con laterizi rotti. 

Lungo tutto il prospetto principale, sono ancora visibili, anche se ormai quasi irriconoscibili, alcuni sordini realizzati in pietra che trovano principale collocazione sopra le finestre del primo piano.

Oggi l’intera fabbrica è stata riportata allo splendore che possedeva un tempo, pur non potendo per ovvie ragioni, rappresentarne lo sfarzo, austero e nobile al tempo stesso, che contraddistingueva ogni singolo centro; con queste semplici note ho cercato di rappresentare, ciò che oggi è il castello Branciforti; la necessità di restituirlo al suo antico splendore, al di la di qualsiasi interesse economico (ad oggi ad esempio non restituisce alcuna retribuzione al comune, e le visite all’interno sono totalmente gratuite),  nasce essenzialmente dal fatto

che la memoria storica non deve andare perduta, ma preservata a vantaggio delle generazioni future affinché non vada disperso quel patrimonio storico culturale che caratterizza ogni centro grande o piccolo che sia.

Pur essendo un’opera architettonica minore nel campo delle fortificazioni, il castello di Raccuja non suscita meno interesse e meno emozioni delle opere coeve, non si può restare indifferenti dinanzi alla capacità che possedevano un tempo le maestranze, che molto spesso privi di specifica cognizione riuscivano a realizzare opere architettoniche tali da sfidare i secoli;  e che adesso l’incuria e spesso la superficialità dell’uomo moderno rischia di cancellare per sempre.

Il Castello Branciforti 2016 15

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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