San Pier Niceto è un comune della fascia tirrenica in provincia di Messina, dolcemente adagiato in collina, e conta tremila abitanti. Indipendente dal vicino Monforte San Giorgio dal 17 marzo 1861, con cui confina, si trova nel comprensorio tra Milazzo, Barcellona Pozzo di Gotto e la Valle del Mela. In origine chiamato San Pier Monforte, con il Regio Decreto del 5 gennaio 1875, cambiò denominazione in San Pier Niceto. L’etimologia è molto dibattuta. Sicuramente “San Pier” deriva da San Pietro, protettore e patrono del paese, mentre “Niceto” si può riferire sia a nike, dal greco vittoria, a ricordo di una battaglia combattuta nel torrente omonimo tra Cristiani e Saraceni e vinta dai primi, oppure da nocciola, in dialetto siciliano “nucidda”, fonte economica, in tempi antichi, e frutto molto diffuso in tutto il centro collinare. Il paesino si distingue per numerose bellezze storico, artistiche, architettoniche e paesaggistiche. Sono molte le chiese presenti tra cui si ricordano per bellezza e magnificenza la Chiesa del Rosario con gli affreschi di Litterio Palatino datati 1742, la Chiesa Madre dedicata a San Pietro Apostolo e Maria Santissima del Rosario e la Chiesa di San Giacomo nota per il simulacro del Crocifisso a cui si lega una particolare tradizione, unica nel suo genere. Il martedì santo di ogni anno Cristo viene portato in processione preceduto da “Angioletti”, bambini con i vestiti adornati di monili e gioielli d’oro, raccolti casa per casa per una promessa fatta a Dio, il cosiddetto “voto”. Da vent’anni a questa parte, in occasione delle Celebrazioni del Corpus Domini, si svolge la famosa “Infiorata”, evento che richiama migliaia di visitatori. Per due giorni, le strade, i vicoli ed i quartieri di San Pier Niceto si trasformano in un lunghissimo e meraviglioso tappeto di fiori, profumi e colori con raffigurazioni di Santi, personaggi biblici e quadri geometrici.
Di notevole interesse e valore culturale è la Chiesa di San Francesco di Paola, fondata, con il convento dei frati minimi, intitolato a Santa Maria Maggiore, nel 1634/35 secondo le volontà di Flavia Monforte - Moncada, moglie del principe Giuseppe Moncada Saccano, quest’ultimo insignito dal Re Filippo IV di Spagna con il titolo di Primo Principe di Monforte il 1 settembre 1628 e Conte della Contea di Samperi il 5 marzo 1628. I Moncada amministrarono il paese per circa due secoli, fino all’arrivo di Garibaldi in Sicilia. Il culto di San Francesco di Paola è molto radicato in Sicilia, e specialmente nella fascia tirrenica, da quando, per avviare delle comunità, tra cui una nella vicina Milazzo, il frate attraversò lo Stretto di Messina con il suo mantello perché privo di denaro da dare al barcaiolo. Il prodigioso evento, che diede spunto a notevoli opere artistiche, fu confermato dallo stesso traghettatore, un certo Pietro Colosi di Catona. Da questo momento il santo di Paola diverrà patrono del mare e dei marinai ed i suoi miracoli sull’isola si ricordano ancora oggi. Giunto a Milazzo, nel 1464, durante la costruzione del Santuario, si notò che una delle travi non era abbastanza lunga da raggiungere metà della navata. Aspettare ulteriormente era faticoso visto che la legna da utilizzare giungeva da San Pier Niceto, una distanza notevole per l’epoca. Fu così che San Francesco, con un segno della croce, allungò la trave che ancora oggi è visibile, attraverso una fessura, sulla volta del Santuario. Le chiese dedicate a San Francesco di Paola, grazie anche alla fama di grande taumaturgo, proliferarono in tutta la zona, San Pier Niceto, Milazzo ma anche Barcellona Pozzo di Gotto. Proprio a San Pier Niceto, si ricorda anche il miracolo “dell’acqua Paola”, una piccola fonte che San Francesco fece sgorgare spontaneamente, per ringraziare il paese che aveva fornito i pilastri in legno per costruire la Chiesa di Milazzo. Il miracolo ricorda l’analogo prodigio che si era verificato a Paola (Cosenza), con la fonte detta della “Cucchiarella”, per dissetare gli operai della fabbrica conventuale. San Francesco entrò subito nel cuore e nel culto della popolazione, tanto che Papa Urbano VIII gli diede, nel 1630, il titolo di Patrono Principale del Regno delle Due Sicilie. A San Pier Niceto, la Chiesa di San Francesco di Paola ed il complesso conventuale, sin dall’anno della fondazione furono proprietà della chiesa; nel 1866 con le leggi che riguardavano la soppressione delle corporazioni ecclesiastiche, divennero di proprietà dello Stato e così il convento fu destinato ad uffici amministrativi ed aule scolastiche, mentre la chiesa, officiata dal clero, fu chiusa al culto ed alla popolazione nel 1950, per essere riaperta, in tutto il suo splendore, solo nell’anno 2010 dopo notevoli lavori di restauro e consolidamento. Attualmente il convento è stato inglobato nella costruzione che ospita il Comune e, dell’assetto originario, rimane soltanto un arco in muratura nell’atrio. L’accesso alla chiesa è un’elegante scalinata in marmo mischio di Taormina che dona magnificenza e sontuosità alla struttura, ai lati si scorgono i resti di due colonne che sicuramente fungevano da piedistallo per due sculture. Dal punto di vista architettonico, l’esterno presenta una facciata in stile prettamente romanico con un’andatura molto lineare scandita da due paraste laterali e, sul lato sinistro, un campanile ricostruito nel 1926, a seguito del terribile terremoto che colpì la provincia di Messina nel 1908. Il prospetto frontale è arricchito da una semplice monofora rettangolare a cui corrisponde, secondo un’asse centrale, un oculo. Il tetto è a spiovente, nella tipica forma “a capanna”. Sopra il portale troviamo un cartiglio con la scritta francescana “Charitas” ed una data: 1721, sicuramente l’anno in cui l’edificio religioso fu ultimato. Attualmente dedicata a San Francesco di Paola, era anche intitolata a San Francesco d’Assisi (1181/2 – 1226); questo spiega la presenza di due statue votive.
L’interno si presenta ad un’unica navata e preziosamente decorato di stucchi, marmi e affreschi, dove si raccontano la vita ed i miracoli del santo, in un tripudio di colori e fasti tipici del barocco siciliano. Tra tutti, spicca il nome di Letterio Paladino, autore degli affreschi della volta e delle pareti, firmati e datati: “Litterius Palatino – 1726”. Il pittore, nato a Messina nel 1691, è senza dubbio uno dei più rilevanti in Sicilia nella prima metà del ‘700; le numerose commissioni testimoniano non solo una grande maestrìa nella decorazione a fresco, nei dipinti e negli studi, ma anche un’attività florida ed uno stile raffinato ed elegante caratterizzato da pennellate molto fluide e sfumature leggere. Stile che si era già consolidato in ambito napoletano e romano. Sopra l’ingresso, plasticamente sagomata ed a forma di balconata, si trova la cantoria dove, al centro, campeggia l’affresco del Santo che attraversa lo Stretto, miracolosamente, grazie al suo mantello ed ai lati momenti della vita del Santo. Tutte le scene sono incorniciate da decorazioni floreali dipinte. Alle pareti laterali, sopraelevati grazie a due grandi scalini, sono addossati quattro altari in marmo rosso di Taormina e verde di Trapani, maestosamente arricchiti con una decorazione in stucco di festoni e forme vegetali.
Gli altari a sinistra, dedicati a San Giovanni Nepomuceno e Gesù e Maria, non conservano più le tele originali; la tela del santo boemo, sicuramente settecentesca, si trova nel Duomo di San Pier Niceto, mentre la tela di Gesù e Maria è conservata nella sagrestia di San Francesco di Paola. A destra si trovano l’altare dedicato a Santa Chiara d’Assisi, con il quadro della Santa, l’unico nella sua collocazione e cornice originaria, e l’altare dedicato alla Madonna. Quest’ultimo custodiva una preziosa tela raffigurante la Madonna con il Bambino, forse cinquecentesca, trafugata negli anni ’80 insieme a molti altri arredi liturgici. Sulla parete di sinistra prende posto un pulpito e nella parte alta delle pareti, una serie di finestroni inquadrati in decorazioni floreali e vegetali dipinte, scandisce la volta e dona luminosità alla struttura. Sulla volta dell’unica navata era raffigurata la scena dell’apoteosi di San Francesco, ovvero il momento in cui il Santo, dopo la morte, è accolto in cielo e, glorificato tra gli angeli, riceve dal Signore il premio delle sue virtù. La scena, emblema delle istanze classicistiche del pittore, è purtroppo gravemente danneggiata; attualmente sono visibili soltanto le personificazioni delle virtù, rappresentate come aggraziate figure femminili, ed i putti. Le fanciulle, riccamente abbigliate, si stagliano in un cielo colore azzurrino con soffici nuvole ed inscritto entro una cornice dipinta in finto stucco e oro. Con sguardi complici e fieri sembrano dialogare tra loro. Grazie ai loro attribuiti iconografici siamo in grado di scorgere la “Sapienza divina”, rappresentata come una donna con l’armatura e l’elmo con un gallo, la “Carità”, vista come la fanciulla con i fiori ed un calice in mano, quella in parte acefala con le tavole mosaiche e una torcia accesa è invece la “Fede”. A sinistra, la donna velata con un cuore ed un incensiere è la “Pietà”, la figura con una croce ed alle spalle un giogo è “l’Obbedienza” ed infine, la donna con la zappa ed il tricorno è la “Laboriosità”. La zona presbiteriale, annunciata da un arco trionfale con ai lati due personificazioni in stucco, da accesso all’altare maggiore, fulcro di tutta la chiesa, decorato con ricchi intarsi di marmo rosso di Taormina e verde di Trapani e sormontato scenograficamente da un solenne postergale di colore bianco, con architrave, incorniciato ai lati da coppie di colonne con capitelli compositi. Al centro prende posto la manta d’argento di San Francesco di Paola, che copre l’icona del santo, arricchita con una meravigliosa cornice in legno dorato ed intagliato e sormontata da festoni in stucco con frutta, fiori ed elementi vegetali. Sotto la manta, sul tabernacolo, è collocato un prezioso e piccolo trono in legno intagliato, magnificamente inquadrato entro colonnine, in puro stile barocco. Sulla volta absidale, l’affresco raffigura la Trinità in gloria tra putti e angeli; il cielo azzurro dello sfondo si accende, nella parte centrale, di una chiarissima luce divina, i colori, le pose dei personaggi e la resa dei loro corpi risente di quel classicismo barocco che nel ‘600 aveva caratterizzato la pittura romana e napoletana. Sulla parete destra dell’abside, troviamo l’episodio del bambino risorto, purtroppo gravemente danneggiato e su quella sinistra, il miracolo della moneta spezzata. Si racconta che il re di Napoli convocò San Francesco, che fu ricevuto nel suo ricchissimo palazzo, per offrirgli delle monete d’oro per la costruzione di un nuovo convento. Il Santo è colto nel momento in cui, spezzando una delle monete in due, fa sgorgare del sangue davanti ai presenti ed al re stesso vistosamente meravigliati. San Francesco rifiuta le ricchezze perché macchiate dal sangue di tutto il popolo oppresso. (Valentina Certo)
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