Da Tauromenion a Neso e la storia di Conone

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Tanto tempo fà un gruppo di coloni greci fuggi da Tauromenion (Taormina), a causa delle guerre e dei continui saccheggi. Fino a trovare un villaggio alle spalle dei monti nebrodi denominato Neso, l’attuale Naso. La tranquillità del villaggio fù di richiamo a tante famiglie della zona, infatti in poco tempo Naso divenne meta anche dei frati basiliani, i quali costruirono un grande monastero che esercitò un ruolo importante in tutto il territorio. Con il susseguirsi delle famiglie baronali, il borgo ebbe un aumento della popolazione sempre maggiore, quindi il centro urbano si estese con la costruzione di nuovi centri abitativi e monasteri ma anche una cinta muraria, a protezione dell’agglomerato urbano, fornita di due porte d’accesso. Durante il regno di Ruggero II, nacque Conone (San Cono, patrono di Naso), i genitori facevano parte di famiglie agiate di Naso, sperando che il proprio figlio potesse diventare un uomo importante. Ma la strada di Conone era decisivamente diversa, già all’età di 15 anni rimase affascinato dal vangelo durante una messa e seppur combattuto tra la volontà di seguire Cristo e quella di seguire i suoi genitori, si presentò al Monastero di San Basilio. Qui prese i voti al sacerdozio e andò a vivere nella grotta di Rocca d’Almo dove si nutriva di erbe selvatiche, dormiva sul nudo terreno, per dedicarsi alla preghiera e alla penitenza. Dopo un lungo viaggio nella Terra Santa, tornò a Naso dove venne a sapere della morte dei genitori, donò l’eredità della famiglia ai poveri, ritirandosi per un periodo nel monastero e successivamente poté quindi ritirarsi definitivamente nella grotta di San Michele e riprendere la sua vita da eremita. San Cono morì un Venerdì Santo, durante il regno di Federico II di Svevia. Secondo la leggenda, improvvisamente a Naso si sentirono suonare le campane, senza essere toccate da nessuno. I nasitani accorsero nella grotta di Conone per chiedere spiegazioni, ma lo trovarono, già morto, in estasi e sollevato da terra. La fama di San Cono si è divulgata per mezzo di stampe popolari come la Vita, miracoli et morti dello beato Cono da Naso, scritta nel 1549 e di cui si conosce una edizione del 1556. San Cono, secondo una leggenda, protesse Naso da un’incursione dei Turchi nella prima metà del XVI secolo: comparve dietro al Belvedere Grande del paese, dal quale si può ammirare la vallata del fiume Timeto, con le sembianze di un gigante nero avente in una mano la croce e nell’altra la Sacra Bibbia che impaurì gli invasori i quali pensarono bene di battersela. La Festa di San Cono, rappresenta certamente a pieno titolo e senza tema di smentita, un Bene Immateriale meritevole di riconoscimento, in quanto prettamente identificativo di un popolo e della sua storia, quest’ultima, intrisa di valori altamente spirituali.La storia insegna che la Città di Naso fiera ed orgogliosa del suo passato e tenendo sempre alto il suo glorioso Vessillo, ha sempre reso grandi onori al Suo Santo Patrono e Concittadino ed ancora una volta oggi lo ha fatto l’Amministrazione comunale, tributando a S. Cono, il doveroso omaggio, invocato ed ottenuto, che, deferente, depone ai piedi della Sua Vara.Queste le ragioni che hanno spinto il Comune di Naso ad avanzare la richiesta e tentare la carta di ottenere il prestigioso riconoscimento voluto dall’UNESCO.

Fonte del Comune di Naso

 

 

 

 

 

 

 

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