Origini e storia di Borgo Pantano

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Borgo Pantano è un progetto integrato di sviluppo etico-sostenibile, avviato poco prima del 2000 da Maria Cannuli attraverso la società Incanti & Memorie, e perseguito oggi dai suoi discendenti.

Borgo Pantano si trova a circa 6 Km dall’omonimo svincolo dell’autostrada A20 Messina-Palermo. Il borgo si sviluppa su circa 17 ha di superficie ed è composto da una trentina di edifici distribuiti su due schiere che si sviluppano lungo le linee di livello del terreno.Il borgo presenta un’antica stratificazione. La memoria storica degli ultimi abitanti non ci ha aiutati nella ricostruzione del passato, ma alcuni indizi hanno sollevato degli interrogativi sorprendenti. È probabile che, per un istinto di conservazione, alcuni segmenti della storia del territorio siano stati volutamente cancellati e questa ipotesi ha reso il luogo ancora più affascinante.DSC 6942 bisEsso infatti è circondato da un alone di mistero, che pervade tutto  il territorio di un alone mistico ancora in parte da scoprire. Il borgo è una ripresa del sinuoso fondovalle, dove è presente un ricco giardino botanico e un luogo di meditazione immerso nella pace.Le origini si attestano intorno al 1296, anno in cui il monastero delle Suore Latine della Diocesi di Messina si insediò nei fondi di Pantani fino al 1304, quando le suore furono costrette ad abbandonare il sito poiché troppo isolato.Le monache traevano sostentamento dalla coltivazione dell'orto, in particolare dalle erbe officinali spontanee di cui esso era ricco. È probabile che in questa attività siano state incoraggiate e sostenute dalla presenza in un luogo vicino di un eremita, un antico curandero di origine ebraico-spagnola che pare sia stato fondamentale per la conoscenza e la divulgazione delle proprietà terapeutiche erboristiche. Si narra che costui avesse un particolare approccio che combinava elementi medici ed olistici, tenendo presente sia la complessità della natura umana sia l’ambiente dove l’uomo viveva.

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Nel 1347 la peste nera colpì la città di Messina a bordo di navi genovesi provenienti dalle lontane steppe dell’Asia centrale. Iniziò così l’esodo definitivo a Pantani di una comunità di origine ebraico-spagnola proveniente originariamente dalla città di Pisa, già presente nella città dello stretto dall’anno 1000, che esercitava il commercio e possedeva banchi di pegno. I medici dell'epoca ignoravano la vera causa dell'epidemia, ritenendo che il morbo dipendesse dalla corruzione dell'aria, dai miasmi diffusi dai venti o dalle congiunzioni astrali. Gli unici rimedi che la medicina suggeriva erano la fuga dai luoghi colpiti dalla peste e sovraffollati e il ricorso ai salassi. A Pantani invece le condizioni terapeutiche necessarie erano presenti: l’aria salubre e la vasca necessaria alla terapia dei salassi con l'applicazione delle sanguisughe. La vasca era fornita delle tacche che servivano non solo ad indicare i gradi necessari a calcolare le varie fasi lunari al fine di evitare i collassi dei pazienti che venivano messi a testa in giù, ma anche, vista la posizione ad est, a raccogliere la rugiada sui teli posti sulle aste e inseriti nelle tacche anticipando i principi del Mutus liber, un libro di alchimia del 1677. In questo luogo appartato, si insediò la comunità ebraica, praticando la medicina spagirica in un intreccio tra alchimia ed erboristeria in collegamento con la famosa farmacia storica di Roccavaldina.Nel 1492, con l’editto di espulsione emanato da Ferdinando il Cattolico e Isabella di Castiglia, regnanti di Spagna e di Sicilia, si volle cancellare la presenza ebraica dai domini spagnoli. Il clima di inquisizione che seguì all’editto fa comprendere il motivo per cui si sia gradualmente perduta la memoria e le ragioni per le quali siano stati celati saperi spesso stigmatizzati come eretici che muovevano l’economia fiorente del luogo. Così il borgo si trasformò in maniera graduale in un borgo rurale, dedito principalmente all'agricoltura. Molti marrani però mantennero le loro tradizioni ancestrali, professandosi pubblicamente cattolici ma restando in privato fedeli all'ebraismo.
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Dagli inizi degli anni Sessanta del XX secolo il polo industriale di Milazzo cominciò a catalizzare i flussi demografici verso la costa e Pantano, che non contava allora più di settantasette abitanti, fu definitivamente abbandonato. Lo spopolamento del borgo, che causò la fine delle produzioni, delle attività, della vita, ha paradossalmente finito per preservarlo, facendone un eccezionale caso di archeologia rurale in Sicilia. Certamente lo stato di abbandono ha comportato negli anni il decadimento del patrimonio edilizio, ma Pantano è rimasta come cristallizzata nel tempo. La totale assenza dell’uomo per oltre tre decenni ha risparmiato il villaggio dagli orrori che altrove hanno deturpato il paesaggio siciliano. In questo piccolo borgo del messinese è possibile - più facilmente che altrove - interpretare un mondo scomparso, comprenderne le logiche, il funzionamento di meccanismi sociali ed economici.

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